Quest’anno MCS festeggia i quarant’anni. Per questo motivo il protagonista del primo post del 2023 è Giorgio Vignaga, fondatore dell’azienda, gestita oggi dai figli Alessandro e Valeria.
Come è nata MCS? Con quali obiettivi o desideri?
MCS è nata per un insieme di coincidenze, come spesso accade a parer mio. Io sono un perito chimico e al tempo avevo un negozietto di antiparassitari, che portai avanti dopo che venne a mancare molto giovane mio padre. La passione però era quella dell’elettronica.
La conoscenza di amici e alcune fortunate coincidenze portarono, nel 1983, alla nascita di questa realtà, che allora era MCS – Master per Circuiti Stampati.
Nel tempo si è poi evoluta nell’azienda che è oggi. Per quanto riguarda gli obiettivi, non è che ce ne fossero di definiti. Non c’era stata nessuna pianificazione precisa, c’era solo la passione di costruire qualcosa e di farla crescere.
Mi pare di capire che il 1998 sia stato un anno di svolta, o mi sbaglio?
In quell’anno acquisii il 100% dell’azienda assieme a mia moglie. Fino ad allora eravamo io e altri due soci, con un 20% a testa, e un’azienda di amici, tramite la quale abbiamo iniziato il tutto, che possedeva il 40%. Portarsi a casa il 100% è stato un azzardo non da poco.
Mia moglie ed io ci tuffammo in questa avventura buttando alle ortiche tutte le certezze che avevamo: vendemmo anche la casa per pagare debiti e soci. Ovviamente ci credevamo: nel giro di un paio di anni ottenemmo la certificazione ISO 9001 per la qualità e da lì fu tutto un crescendo.
Potendo tornare indietro nel tempo, farebbe le stesse scelte?
Io sono sempre stato molto istintivo. Mia moglie subiva e accettava questa mia istintività, sostenendomi poi totalmente.
Una vera fortuna, perché senza di lei le cose sarebbero state molto molto ardue.
Col senno di poi posso dire che tutto è andato per il verso giusto e nella maggior parte dei casi il mio istinto ha funzionato, pertanto penso che rifarei le stesse scelte.
Qual è la soddisfazione più grande che ha avuto?
Sicuramente l’aver messo in piedi questa azienda, che per noi era una sorta di famiglia allargata. Spesso mia moglie mi diceva: “ze come aver 15 fioi” (è come avere 15 figli), e come un figlio ogni collaboratore andava seguito personalmente.
Molti collaborano con noi da moltissimo tempo. C’è un collaboratore che nel primissimo ufficio ha visto mio figlio Alessandro in braccio a sua mamma ed è ancora qui con noi.
Come è stato il passaggio dalla prima alla seconda generazione?
Anche in questo caso fu una sorta di coincidenza. Ad un certo punto fummo seguiti da un nostro amico commercialista, il quale una volta che prese le misure dell’azienda, diciamo così, ci suggerii l’ipotesi di un passaggio generazionale.
Una volta che ci mise questa “pulce” nell’orecchio, ci abbiamo ragionato e alla fine ci siamo convinti che era la scelta più giusta da fare. Alessandro ha sempre respirato l’aria dell’azienda e dopo la scuola è entrato in MCS sperimentando tutti gli ambiti operativi, tutti i reparti, facendo una sorta di gavetta.
Non è entrato come il figlio del “paron” mettendosi a comandare. Assolutamente no. È stato il collega di molti e piano piano ha conosciuto e assunto la padronanza di tutto il processo produttivo, fino ad arrivare alla guida dell’azienda. Anche Valeria si è prima integrata con i colleghi, per poi prendere sempre più le redini amministrative
Operativamente il passaggio è stato naturale, ma non so se saremmo arrivati da soli a questa ipotesi, senza l’aiuto del nostro amico commercialista.
Ho discusso questa transizione anche con il professionista che ci ha fatto l’audit annuale per la certificazione del sistema qualità. Si è complimentato per la nostra scelta, confrontandoci con altre piccole e medie aziende che segue, dove il titolare più che ottantenne è ancora in azienda a controllare tutto, mentre il figlio, che ha 65 anni, non sa cosa fare perché non ha avuto la possibilità di affrontare e risolvere certi problemi, di mettersi alla prova e di sbagliare anche: in questo modo non è riuscito ad acquisire le dovute competenze di gestione.
E magari in azienda ci sono anche i nipoti, che spesso sono lì solo per proforma. Una volta che il “paron” viene a mancare, capita di frequente che queste aziende vadano in frantumi, perché gli eredi non hanno la capacità di gestirle.
Un aneddoto a cui è particolarmente legato?
Non so se è un aneddoto, ma ricordo che mia moglie spesso mi diceva che non sarei mai diventato un “sior” perché i soldi non erano la mia priorità. E in effetti per me il fare, il lavorare, l’inventare sempre qualcosa erano prioritari, non il profitto fine a se stesso. Il profitto è una conseguenza di quello che fai.
A proposito di valori, a quali MCS non dovrebbe rinunciare mai?
La disponibilità verso i clienti è un valore irrinunciabile. Ricollegandomi alla precedente risposta, non si seguono i clienti per il profitto, ma per soddisfarli e conseguentemente fare profitto.
Se il cliente ha successo, abbiamo successo anche noi. Importante è la disponibilità verso le richieste dei clienti, condividere i loro obiettivi ed essere sempre collaborativi e propositivi.
L’azienda sotto la guida di suo figlio Alessandro è cresciuta e maturata. Cosa ne pensa?
Non solo Alessandro, ma anche sua sorella Valeria che si occupa della parte amministrativa. Sono orgoglioso di entrambi. Ovviamente Alessandro è quello che si vede di più in prima linea, perché a diretto contatto con i clienti, diversamente dal lato amministrativo di Valeria.
Lui è una persona con un grande senso di responsabilità, più posata e assertiva di me, e questo è probabilmente un vantaggio nella gestione psicologica dell’insieme: clienti, dipendenti, fornitori.
Per usare una metafora, ho dato loro una macchinetta che correva abbastanza bene, e loro hanno elaborato il motore, aggiunto degli alettoni, l’assetto ribassato, ecc. per renderla più veloce, guidarla con sicurezza e raggiungere obiettivi più ambiziosi.
Un consiglio che si sente di dare a un imprenditore che non ha ancora iniziato un percorso per far entrare le prossime generazioni in azienda?
Non può essere che quello di pensarci per tempo, quando i figli sono ancora giovani, in modo da permettere loro di fare le proprie scelte, di abituarsi a prendere decisioni in autonomia, a costo anche di sbagliare.
Se non si delega qualcosa sin da subito, non si avrà la possibilità di capire se gli eredi avranno la stoffa per fare gli imprenditori. Se si aspetta troppo, poi sarà tardi. Nel mio caso direi che è andata molto bene.
Quali sfide pensa dovrà affrontare MCS in futuro?
Attualmente sono poco presente in azienda, ma se mi avessero fatto questa domanda vent’anni fa, avrei detto che il futuro lo costruisci mano a mano, anche perché le situazioni impreviste sono sempre più frequenti ed è quindi difficile prevedere quello che ci attende. Penso sia fondamentale la capacità di reagire subito ed efficacemente agli eventi avversi.
Certo, si pianifica, si immagina una direzione, si fanno investimenti in tal senso, ma ancora più importante è sapersi adattare il più velocemente possibile alle variazioni. Bisogna avere la capacità di reagire immediatamente e sfruttare l’evento negativo a proprio favore.
Se la sente di descrivere l’MCS di oggi in tre parole…
Impegnativa ma soddisfacente. Impegnativa perché occorre gestire elementi complessi, vista la molteplicità di servizi/prodotti che offriamo.
Soddisfacente perché diventa una fonte di soddisfazione l’apprezzamento dei clienti, o quando, ad esempio, si crea con qualche cliente una relazione che va ben oltre il semplice rapporto di lavoro.